Javier Ramirez finalmente libero!
21 feb 2015
Opporsi alla miniera non è un delitto, ma sempre più un sinonimo di difesa delle foreste, dell’acqua e della vita. L’estrattivismo in Ecuador ha consegueze gravi per le contadine e i contadini, come nel caso di Javier Ramirez.
Dopo 10 lunghi mesi di prigione, il 10 febbraio 2015 è stato messo in libertà il contadino ecuatoriano Javier Ramirez, che è anche presidente della piccola comunità di Junin nella zona di Intag (Cotacachi, Imbabura). Decine e decine di familiari, vicini e amici lo aspettavano monitorati dagli sguardi attenti dei tanti poliziotti che custodivano il recinto della corte. La prima cosa da fare: celebrare la gioia per la sua libertà dopo 308 giorni di prigione.
Non sono mancati cartelloni di tutti i tipi, musica e grande festa. Tra i presenti si poteva riconoscere Alberto Acosta, ex presidente della Asemblea Contituyente de Montecristi, Elsie Monge, presidente della Comision Ecimenica de Derechos Humanos CEDHU, Jaime Guevara, cantautore ecuatoriano e Rocio Cachimuel, presidente della Federacion de Indigenas y campesinos de Imbabura, oltre a tanti altri che hanno mostrato il loro appoggio incondizionato a Javier Ramirez.
Di fatto è stato portato a spalla per le strade, ed è stato celebrato un rituale di purificazione o limpia. Questo è il momento per celebrare e riflettere sull’importanza della libertà e per resistere e protestare contro un progetto estrattivo. Non dobbiamo dimenticare, però che Javier Ramirez è stato riconosciuto colpevole delle imputazioni a suo carico.
I successivi ordini di arresto che hanno estratto dal cilindro le autorità dopo la sua detenzione si riferiscono alla “presunta ribellione contro la pubblica amministrazione” e l’imputazione successiva lo accusava di “sabotaggio” e “terrorismo”. Però Javier è innocente.
Guardiamo indietro
Il 10 aprile 2014, Javier Ramirez, assieme ad altri contadini e lider comunitari della zona di Intag, Cotacachi, viene invitato ad una riunione alle 15 con il Ministro dell’Interno, Jose Serrano. Alle 20, quando Javier stava rientrando a casa nell’ autobus Quito-Chontal, viene fermato dalla polizia. L’autobus si è fermato all’altezza di Nanegalito, ad un posto di blocco in cui la polizia controllava l’identità dei viaggiatori. Durante il controllo, i due contadini di Intag sono dovuti scendere senza motivo, né ordine di cattura, e sono stati arrestati. Poco dopo il compagno di viaggio di Javier è stato liberato.
Secondo le persone che hanno seguito i fatti, l’ordine di cattura è arrivato a posteriori di diverse ore. Javier Ramirez è stato trasportato a Quito e posteriormente al carcere penale di Ibarra. Inizialmente la detenzione prevista era da 30 fino a 90 giorni di carcere preventivo ma alla fine sono diventato 10 lunghi mesi.
Colpevole o innocente?
L’arresto di Javier Ramirez, il processo che ha subito lascia, per noi che lo conosciamo, una sensazione di vulnerabilità e ingiustizia. Secondo il suo avvocato, Dott. Ramiro Roman, “Ramirez non è mai stato nel luogo dei fatti a lui imputati e per tanto hanno processato una persona innocente”. “Nonostante la giustizia non sia completa, nonostante non sia stato dichiarato innocente, perchè è innocente, oggi i giudici lo hanno sentenziato a10 anni, che Javier Ramiez ha già scontato e oggi si trova nuovamente a Intag”, ha detto Polibio Perez, vicino di Intag, anche lui dirigente comunitario. Perché allora nonostante le testimonianze e le prove che assicurano e comprovano la sua innocenza è stato dichiarato colpevole? Ci sono ragioni per la sua condanna.
Il verdetto del Primo Tribunale di Garanzia Penale di Ibarra è stato appunto di 10 mesi di carcere, per aver presumibilmente aggredito, il 6 aprile 2014, alcuni funzionari della Compagnia Nazionale Mineraria (Enami) mentre si trovavano ad Intag. La pena equivale esattamente al periodo di tempo in cui Javier Ramirez è stato in carcere. Dichiararlo innocente significherebbe, dopo i 10 mesi di prigione ingiustificata, un’azione imperdonabile e impopolare per il governo, oltre alle implicazioni legali. Ramirez potrebbe presentare una denuncia contro lo stato per il periodo in cui è stato privato della libertà.
“È un successo, è un trionfo saperlo libero; questa èe la prima cosa perchè è stato detenuto ingiustamente per 10 mesi; questo èe un fatto e eravamo preoccupati che lo mantenessero in carcere e questo sarebbe stato terribile”, ha dichiarato alla televisione locale Elsie Monge, direttrice della CEDHU. Da parte sua, Javier è felice di essere nuovamente a Intag e ringrazia per l’appoggio ricevuto.
L’incubo della miniera si ripete: invasione di militari e polizia a Intag
Per facilitare l’avanzamento del progetto minerario, le forze di sicurezza dello stato avevano come obiettivo quello di occupare fisicamente la comunità di Junin, comunità che è vista come il bastione della resistenza del progetto minerario Lurimagua, da quasi due decadi. Poco dopo la detenzione di Javier, l’8 maggio 2014 200 poliziotti sono arrivati alla comunità e con loro un’ambulanza e 2 furgoni del GIR, insieme alla compagnia ENAMI-CODELCO. Con un’intensità variabile hanno mantenuto la loro presenza nella zona.
“Le compagnie minerarie ENAMI e CODELCO sostengono che il loro interesse riguarda “l’estrazione”, quando la questione di fondo è il modello di sviluppo delle frontiere per l’estrazione, che presenta una contraddizione con il presunto cambiamento di tipologia di produzione e un numero infinito di violazione dei diritti costituzionali, umani e collettivi”, secondo il gruppo Unidos per Intag.
La riattivazione violenta delle necessità degli interessi minerari nella zona di Intag e la detenzione di Ramirez fa sorgere domande e fa riaffiorare molti ricordi nella zona di Intag, dove per molto tempo si è costruito un movimento solido di resistenza da parte della popolazione rispetto ai progetti minerari delle diverse imprese interessate e dove non è la prima volta che le forze dello stato e le compagnie minerarie ricorrono a strategie giudiziarie, militari e a volte paramilitari.
Ritorno al passato?
Negli anni 2000, oltre 90 persone della zona di Intag sono state imputate per diversi crimini in diverse cause processuali. Dal 2006, la compagnia mineraria Ascendant Copper ha avviato oltre quindici processi arbitrari, paralleli alla sua volontà di invadere la zona per estrarre rame, oro e molibdeno.
Alcune persone che vivono pacificamente nella zona di Intag sono apparse come imputate in molte delle azioni legali avviate dalla compagnia mineraria. Le accuse sono successivamente risultate false e riguardavano presunte lesioni, sequestro e altri crmini mai commessi ad Intag.
“Lo scopo è di presentarli come delinquenti, e soprattutto di eliminare l’opposizione e scoraggiare chi si oppone all’estrattivismo nella zona”, questa la lettura di queste denunce da parte della Comision Ecumentica dei Diritti Umani (CEDHU), organizzazione che anche oggi segue il processo di resistenza a Intag. “La giustizia era ed èe ancora oggi usata per cercare di destituire o almeno per togliere di mezzo temporaneamente i lider che si oppongono all’attività mineraria”, spiega Guadalupe Rodriguez di Salva la Selva, che conosce il caso e studia e documenta da anni il sistema di proliferazione dei progetti minerari in tutto il mondo.
Le persone che si oppongono alla miniera hanno dovuto affrontare nei tribunali le compagnie transnazionali minerarie Ascendant Copper o Copper Mesa, due nomi dietro ai quali si cela la stessa compagnia. Durante le udienze che si sono tenute nella prima metà della prima decade del 2000, la giustizia ha dovuto determinare, dando ragione ripetutamente ai contadini dato che le strategie architettate dalle imprese erano palesi, le false testimonianze e le procedure irregolari. Tutte le sentenze sono state di assoluzione piena e a favore dei contadini accusati ingiustamente.
Contadini o delinquenti?
Per riportare un esempio e continuando con l’esercizio di memoria, uno di questi processi riguardava un incendio avvenuto in un accampamento della compagnia mineraria Ascendant Copper il 10 dicembre 2005. Venivano incolpati dell’incendio gli abitanti locali. Dopo l’udienza preliminare, il Giudice Penale di Imabura ha emesso il 14 ottobre 2006 la sua sentenza di assoluzione definitiva a favore degli accusati. La sentenzia èe stata ratificata dalla Corte Suprema di giustizia nel novembre 2006, dopo un appello chiesto dalla Ascendant.
Eclatante è stato anche il caso di presunto sequestro multiplo (plagio) che si è dato a Intag nel settembre 2006. I fatti: quando i lavoratori della compagnia mineraria tentarono di invadere le loro proprietà private, la comunità ha trattenuto gli invasori per consegnarli alle autorità. Per cercare di evitare di assumersi le proprie responsabilità nelle invasioni, la Ascendant ha denunciato due contadini della zona. Quando si è tenuto il processo la difesa ha potuto dimostrare che gli imputati non erano presenti al momento del presunto sequestro e che non avevano responsabilità alcuna rispetto ai fatti. A causa di questa denuncia, però, le due persone imputate sono state per 9 giorni in carcere, ingiustamente nel carcere di Ibarra. Il giudice del caso ha emesso la sua sentenza senza accusare i due imputati, è seguita la ratifica del Giudice Supremo di Imbabura del 18 gennaio 2007. Inoltre, questo caso è stato vinto dai contadini contro la miniera. “Ancora una volta, la giustizia ecuatoriana ha dato ragione al popolo, alla gente onesta”, ha detto uno dei contadini, nel vedere la sua innocenza pubblica, agli occhi della società e delle autorità.
Un altro processo si è tenuto nella città di quito, contro Carlos Zorrilla. I crimi a lui imputati erano furto, aggressione e possesso di armi. Dopo un lungo e complicato processo pieno di irregolarità, il procuratore del distretto di Imbabura ha emesso la sua sentenza a marzo del 2007, astenendosi dall’accusare il signor Zorrilla. Pochi giorni dopo, la suprema autorità giudiziaria di Imbabura ha ratificato la sentenza a favore di Carlos Zorrilla.
In seguito alla sentenza preliminare, ad aprile 2007, il giudice del tribunale penale di Imbabura ha stabilito l’assoluzione definitiva di Carlos Zorrilla. Nei mesi in cui si è svolto questo caso, centinaia di lettere a titolo personale, di organizzazioni nazionali e internazionali oltre a diverse campagne di raccolta firme hanno dimostrato il sostegno a favore di Carlos Zorrilla. Per il solo fatto di opporsi alla miniera, Carlos si èe nuovamente trovato nel mirino delle autorità, che lo accusano di “essere straniero”, e che per questo ha meno diritto di opinare, rispetto a chi è nato nel paese, riguardo la distruzione ambientale, nonostante vive nella zona da oltre 35 anni ed essere considerato un abitante di Intag a tutti gli effetti.
Procedendo con la revisione dei fatti del passato, anche il giornale comunitario Intag ha subito una denuncia nel 2004, tanto da essere costretto a pagare un’ammenda di un milione di dollari. Questa denuncia in seguito è stata archiviata in quanto infondata. La presenza nella zona della multinazionale mineraria Copper Mesa (prima Ascendant) ha mostrato all’Ecuador il lato scuro della mistificazione e della distruzione. Queste due compagnie hanno finalmente rinunciato ad esplorare la presenza di metalli e minerali nel sottosuolo e hanno quindi abbandonato la zona.
“Nonostante l’apparente indipendenza di tutti questi processi, sono tutti parte di una stessa strategia per mettere a tacere chi si oppone alla Ascendant Copper”, diceva al tempo Polibio Perez, che ha dovuto sopportare numerosi processi infondati. Perez è stato detenuto assieme a Javier Ramirez, presidente della comunità di Junin, il 10 aprile dello scorso anno, poi è stato liberato mentre Ramirez è rimasto in carcere per 10 mesi.
L’amnistia del 2008: carta straccia?
L’Assemblea Costituente di Montecristi, durante la quale si è discussa ed elaborata la Costituzione del 2008, concedeva il 14 marzo dello stesso anno l’amnistia a 357 cittadini difensori dei diritti umani, “ criminalizzati per le loro azioni di protesta e resistenza in difesa delle loro comunità e della natura”, secondo un comunicato ufficiale. Le persone che hanno goduto dell’amnistia erano in maggioranza lider comunitari, contadini e indigeni di diverse zone del paese, vincolati a processi comunitari in opposizione alla miniera, all’estrazione di petrolio, alla costruzione di grandi dighe, per difendere l’acqua e l’ambiente, per difendere terre comunali, diritti collettivi e per denunciare lo il commercio e l’estrazione di legname forestale. Tra questi vi erano varie persone di Intag che in questo articolo non sono menzionate e le cui cause giudiziali non avevano ancora ottenuto una risoluzione completa in tribunale.
Le organizzazioni dei diritti umani considerarono questa amnistia come “un trionfo delle cause collettive in contrapposizione con la volontà di individualizzare le rivendicazioni socio-ambientali, usando il sistema giudiziario e accusando e processando i lider e le comunità”. Però questa strategia di criminalizzare i difensori della natura e dei diritti umani non ha fatto altro se non esacerbarsi esponenzialmente.
Nuova ondata di criminalizzazioni e denunce
Citiamo un esempio paradigmatico anche se non isolato, alcuni vicini della zona di Santa Isabel, nella provincia di Azuay, conosciuti come i “17 di Shaglly” sono stati criminalizzati per difendere l’acqua. Alcuni di loro sono stati incarcerati in circostanze simili nel 2013.
Tutto questo sembra indicare che queste nuove accuse infondate nei confronti dei contadini di Intag risponde ad una nuova strategia di criminalizzazione della protesta sociale, e le compagnie ora cedono il passo allo Stato ecuatoriano, interessato all’estrattivismo attraverso la compagnia nazionale ENAMI, creata allo scopo, al fine di sfruttare le riserve minerarie della zona, nonostante le proteste della popolazione locale. Un’altra compagnia partecipa al progetto, la cilena CODELCO, un gigante globale del rame.
Anziché zittire le loro voci, le comunità di Intag, ratificano la loro posizione contro la miniera nella zona. Un nutrito gruppo di organizzazioni nazionali ed internazionali hanno chiesto, dall’inizio della sua detenzione, che Javier Ramirez sia messo in libertà, attraverso una petizione alle autorità, chiedendo inoltre chiarezza rispetto alle oscure circostanze in cui è avvenuta la detenzione, come stabilito dal giornale El Norte, sabato 12 aprile 2014. In questo giornale si informava non solo che “l’ordine di carcerazione non era per quella persona”, ma anche che “le autorità modificarono il contenuto”. In seguito a questa prima petizione ne sono sorte altre a livello nazionale ed internazionale chiedendo la liberazione di Javier Ramirez che alla fine è diventata realtà.
Che cosa c’è in gioco?
Intag è una regione abitata da piccole comunità rurali che vivono principalmente di agricoltura. In un contesto forestale ad alta quota, dove l’ecosistema favorisce e trattiene l’acqua che poi scende a valle, la biodiversità è notevole, considerata tra le più variate del mondo: le Ande Tropicali. Oltre 30 specie di piante e animali della zona sono attualmente ad alto rischio di estinzione.
La preoccupazione della popolazione locale è iniziata quando il si èe iniziato a parlare del progetto di estrazione di rame ed altri materiali che implica la deforestazione massicia, lo sfollamento coatto e la ricollocazione di diverse comunità. L’opposizione si manifesta soprattutto di fronte alla violazione del manifestato diritto dei cittadini di vivere seguendo un modello economico e sociale che non coincide con quello delle grandi compagnie industriali.
Grazie alla partecipazione attiva nell’organizzazione delle campagne internazionali, Salva la Selva – Salviamo la Foresta ha ricevuto un attestato di ringraziamento dopo la liberazione di Javier Ramirez, oltre ad un’avvertenza per il futuro: “Ci aspetta ancora un cammino molto lungo: qui in Ecuador dobbiamo ancora battagliare per dimostrare l’innocenza di Javier e spero che possiamo unire le forze con tutti voi affinchè il progetto Llurimahua non si realizzi”. Questo è anche un segnale allarmante che dimostra che l’estrattivismo avanza costantemente, in Ecuador e nel mondo.
Ulteriori informazioni
Intervista del giornale La Hora
Servizio di TVN sulla detenzione