Dopo le elezioni in Brasile: la foresta amazzonica è salva?
20 nov 2022
Lula da Silva tornerà ad essere presidente in Brasile e il suo predecessore, Jair Bolsonaro, è fuori dai giochi. Abbiamo chiesto alle organizzazioni con cui lavoriamo in Brasile cosa significa questo evento per loro, per il loro lavoro, per le popolazioni indigene e per le foreste tropicali.
In Brasile, domenica scorsa, il candidato di "sinitra" Lula da Silva ha vinto le elezioni presidenziali, anche se con un margine estremamente ridotto rispetto all'ex presidente della "destra radicale" Jair Bolsonaro. Il terreno che Bolsonaro si è lasciato alle spalle è martoriato, ma il messaggio è di speranza e c'è un forte desiderio di continuare a lavorare con i gruppi che in Brasile difendono la foresta amazzonica e l'integrità di altri importanti ecosistemi.
Il fatto è che l'ultima presidenza ha fatto precipitare il Paese in una grave crisi, seminando intolleranza, odio e violenza. Con Bolsonaro, i tassi di deforestazione sono saliti alle stelle. Ha impulsato l'occupazione e lo sfruttamento delle foreste pluviali, ha ridotto le aree protette e le ha aperte allo sfruttamento minerario, bloccando il riconoscimento dei territori indigeni.
L'opinione pubblica internazionale ha accolto con grande soddisfazione la vittoria di Lula da Silva, legandola soprattutto alla speranza di salvare la foresta amazzonica e il clima globale. Lula da Silva ha già governato il Paese per due mandati, dal 2003 al 2010, quindi non è nuovo alla guida dello Stato.
La domanda è: quanto sono realistiche le grandi aspettative riposte in Lula da Silva? Sarà in grado di riunire il Paese e fermare la spirale di distruzione, soprattutto senza una maggioranza in Parlamento?
La prima reazione
"Siamo sollevati, anche se il Brasile è stato diviso da Bolsonaro. Ora è il momento di calmarsi, il nostro impegno però continua", esordisce la Commissione pastorale fondiaria CPT dello Stato di Maranhão. L'organizzazione valuta il risultato elettorale come una "vittoria della democrazia sul fascismo".
Anche nel movimento Xingu Vivo, dello Stato del Pará, dicono di sentirsi "sollevati", ma senza dimenticare che "Lula è stato il costruttore della diga di Belo Monte", un gigantesco progetto idroelettrico nella foresta che ha colpito la regione e che proprio "ha dato origine alla creazione del movimento Xingu Vivo".
Conseguenze della presidenza di Bolsonaro
Uno dei peggiori effetti del governo di Jair Bolsonaro, secondo un'altra organizzazione omologa, il Forum Carajas, è "l'avanzata dell'agrobusiness".
A questo proposito, Xingu Vivo aggiunge "che sotto il mandato di Bolsonaro, istituzioni statali come l'IBAMA, l'Agenzia per l'ambiente, la FUNAI, l'Agenzia nazionale per gli indigeni e l'INCRA, l'agenzia fondiaria, che avevano il compito di proteggere l'ambiente e le comunità tradizionali e i popoli indigeni, sono state usate come strumenti di distruzione. Speriamo che questo cambi rapidamente sotto Lula".
La CPT cita gli aspetti etici come i peggiori effetti del governo Bolsonaro. Tra questi, la "presa in giro delle centinaia di migliaia di morti a causa della pandemia di coronavirus, la disumanità e la violazione della dignità umana da parte dello stesso Jair Bolsonaro, la sua agenda maschilista e misogina e ultrareligiosa, la violenza sistemica e la 'weaponizzazione' della società, l'assassinio di leader indigeni e difensori dei diritti umani".
Cosa ci si aspetta da Lula da Silva?
Il CPT si aspetta che il nuovo governo "reinventi il Brasile" e "combatta la violenza contro i difensori dei diritti umani, riconosca i diritti dei popoli indigeni, legalizzi i territori tradizionalmente abitati da un gran numero di piccoli agricoltori. Nel frattempo, le sfide saranno quelle di "ricostruire le istituzioni dello Stato brasiliano, combattere la violenza e proteggere la democrazia e l'Amazzonia".
Purtroppo, "Lula continuerà a promuovere progetti di sviluppo come la diga di Belo Monte e ha già annunciato l'espansione delle infrastrutture come politica del suo governo, cioè la costruzione di strade principali, ferrovie, porti, ecc. con l'obiettivo di estrarre materie prime ed espandere la produzione", spiegano da Xingu Vivo. "Si basa anche sui mercati del carbonio e su altri meccanismi di economia verde, che riteniamo sbagliati."
Il Forum Carajas auspica "il ritorno della razionalità" e vede tra le sfide principali quella di "non far credere alla gente che la lotta è finita e che abbiamo raggiunto il paradiso".
Tuttavia, il messaggio è di speranza. Continuiamo a lavorare in difesa delle foreste e a sostenere il lavoro delle stesse popolazioni indigene.