FAQ legno tropicale

Camion trasportano tronchi di legno tropicale nel distretto di Tawau a Sabah, Indonesia © Uwe Aranas / shutterstock.com

Diversi tipi di legno si trovano nelle falegnamerie, negozi specializzati e mobilifici, costituendo una varietà tanto ampia come la foresta stessa. Molti prodotti portano etichette di “certificazione”. Frequenti sono i marchi FSC Nemmeno per i consumatori più consapevoli è facile rispondere a domande come: posso comprare legno tropicale con la coscienza pulita?. Salviamo la Foresta lo dice in modo chiaro: NO! La presunta produzione sostenibile di legno tropicale è una invenzione dell’industria.

Qui facciamo luce sulla giungla di informazioni esistenti sul legname proveniente dalle foreste tropicali.

Perchè si importa tanto legno tropicale?

Molte delle specie di legno tropicale sono trattate e di conseguenza sono molto resistenti a funghi e insetti. Inoltre è il materiale più duro e durevole e spesso molto più economico rispetto a legname comparabile per qualità, però di specie locali. Nella foresta gli alberi no si piantano, semplicemente si tagliano. Per questa ragione, si importano sempre più prodotti di legno tropicale provenienti da paesi dove i salari sono bassi e i diritti delle popolazioni locali non si rispettano. Per questo i prezzi sono bassi e la differenza la pagano gli abitanti della foresta, che soffrono il depauperamento e la natura che viene quindi distrutta.

Come posso riconoscere un legno tropicale in commercio?

Il legname tropicale è attraente a causa dei nomi commerciali che puntano sull’esotico: bangkiari, balau, bongosi, ipè, caoba, meranti, palisandro, sapelli, sipo, teca, wenge e acacia. Dietro le denominazioni di legno nobile, legno duro, legno autentico o legno da piantagione si nascondono spesso specie tropicali di legno. Vengono dalle foreste tropicali di Asia, Africa e America Latina.

Per che cosa si usa il legno tropicale?

Gli alberi tropicali si tagliano per fabbricare mobili da giardino, parquet, porte, infissi, mobili, giocattoli, accessori per il bagno, carta in tutte le sue presentazioni, ornamenti e oggettistica per la casa. Ovvero, troviamo il legno tripicale in ogni momento della nostra vita quotidiana.

Che cosa indicano i certificati del legno?

Esistono oltre 100 marchi di certificazione per legno e foreste. Anche gli esperti hanno difficoltà a rimanere aggiornati sul tema, la cosa più difficile comunque è realizzare le prove di certificazione. La maggior parte dei certificati sono inventati dall’industria semplicemente per ornare le etichette dei prodotti e sedurre il compratore, per così dire. Però nemmeno i pochi certificati validi a livello internazionale, come il FSC e il PEFC, possono garantire realmente la sostenibilità ecologica e sociale della gestione delle foreste. Gli standard sono eccessivamente adattati agli interessi commerciali e alle necessità dell’industria.

Così, il FSC ammette per esempio il taglio industriale in aree incontaminate di foresta (foreste primarie), il taglio totale di grandi estensioni di foresta (per esempio in Svezia e Russia), la creazione di milioni di ettari di monocolture industriali con specie esotiche come l’acacia, eucalipto o pino, l’uso di pesticidi ed erbicidi, ecc. Le aziende scelgono le compagnie certificatrici e incaricano e pagano esse stesse le loro certificazioni. . I criteri stabiliti non si rispettano. Non è possibile una verifica davvero imparziale e le frodi sono all’ordine del giorno (vedere http://www.fsc-watch.org/). L’origine del legno e i suoi passaggi di mano in mano dai distributori ai venditori non è nè trasparente nè verificabile da parte del consumatore o del pubblico interessato in generale che si vede, quindi, obbligato a confidare in questi marchi, ciecamente.

È possibile il taglio sostenibile della foresta su scala industriale?

No. Attraverso i concetti come “sostenibile” o “selettivo”, l’industria del legname intende tranquillizzare l’opinione pubblica. Questi concetti fanno pensare che nella foresta è possibile selezionare un albero e tagliarlo lasciando intatto il resto della vegetazione circostante. Però, la realtà del terreno è molto diversa: nella foresta i bulldozer e le motoseghe sono dominanti e non hanno alcun rispetto per le conseguenze del lor uso.

Per accedere al legno della foresta bisogna aprire sentieri ampi, ponti e magazzini. Anche nelle ultime foreste del pianeta o nelle terre delle popolazioni indigene. Grandi trattori avanzano in lungo e in largo attraverso la vegetazione trascinando i pesanti tronchi. Così il delicato suolo viene distrutto e si danneggiano le radici e le cortecce degli alberi che rimangono. Costruendo nuove strade, i commercianti di legname aprono la strada a bracconieri, cercatori d’oro e coloni della foresta, i quali continueranno a distruggere il poco che resta. Gravi cambiamenti ecologici e pesanti perdite di specie sono le conseguenze certe in questi habitat tanto sensibili e altamente complessi.

 

Si possono sfruttare le foreste in un modo più amichevole?

Nelle aree forestali della Terra vivono 1.500 milioni di persone. Le popolazioni delle foreste hanno dimostrato per secoli che le foreste si possono utilizzare per vivere senza necessità di distruggerle. L’utilizzo del legno ha un ruolo minore in questo contesto. Per costruire le loro case, gli abitanti delle foreste usano il ratan o il bambú e inoltre raccolgono frutta, erbe, miele, piante medicinali, resina, caucciù e olii. Inoltre cacciano e pescano. Per questo, il loro interesse maggiore è di conservare e proteggere la foresta. L’industria del legname, al contrario, è interessata nelle grandi quantità di materia prima a prezzi convenienti e ai rapidi guadagni.

Che ruolo ha il commercio illegale di legno tropicale?

Nei paesi tropicali, il taglio illegale è il pane quotidiano di ogni giorno e costituisce un grave problema. I danni economici sono milionari, però i danni sociali e ecologicoi sono anche maggiori. Secondo la Commissione Europea, circa un quinto delle importazioni di legno dell’Unione Europea provengono da fonti illegali. Nei paesi esportatori più importanti, la proporzione di legno tagliato senza permesso è particolarmente elevata, come in Camerun del 50%, in Brasile e Indonesia per almeno il 70% e in Cambogia per oltre il 90%.

Già da molto tempo il taglio e commercio illegale di legno fanno parte del crimine organizzato. I guadagni della mafia del legno arrivano fino a 75 mila milioni di euro all’anno, secondo le stime del Banco Mondiale. Con metodi sempre più sosfisticati, compagnie di legname che fanno parte della rete criminale, saccheggiano le risorse naturali del pianeta – spesso con l’aiuto di funzionari e governi corrotti. Nel loro rapporto sul Taglio Illegale, Lavaggio di denaro e Frode Fiscale nelle Foreste Tropicali del Mondo, dell’Interpol e dell’ONU, vengono smascherati i trucchi e le rotte che seguono i delinquenti ambientali, proponendo strategie per fermarli.

Con Trattati di Commercio e leggi, l’Unione Europea cerca di evitare che si importi e venda legname illegale. Nel marzo del 2013 è entrato in vigore il Regolamento Europeo del Legname. Molti paesi come l’Italia o la Spagna non hanno ancora emesso i decreti a livello nazionale regolare la questione. L’efficacia della normativa dipende soprattutto dalla volontà dei governi dei paesi membri. La normativa si dovrà far rispettare attraverso controlli efficaci. Non esistono, però, piani effettivi per portare a termine una viglilanza capillare delle importazioni di legname, ma si fanno controlli aleatori. A seconda del paese, poi, le sanzioni per gli importatori di legno illegale sono molto parziali, indefinite o a volte semplicemente non esistono.

Per i consumatori è molto difficile avere chiarezza sull’origine del legno tropicale.

Il legno delle piantagion i non si discute?

Le piantagioni industriali di legno non sono foreste e non apportano un valore aggiunto alla natura. Non hanno, come le foreste, funzioni ecologiche per la protezione delle specie, dei suoli, delle riserve d’acqua e il clima, nè costituiscono un sostentamento alle comunità umane. Questo tipo di piantagioni sono monocolture di specie di legno esotico come l’acacia, l’eucalipto, il pino o la teca. Ricoprono vaste porzioni di territorio, dove prima crescevano foreste, boschi o altri ecosistemi naturali abitati. La qualità del legno di piantagione non è paragonabile a quella degli alberi della foresta. Nella monocoltura, si trovano alberi della stessa età e spesso geneticamente identici (clonati) in file interminabili, trattati con fertilizzanti e pesticidi. Non offrono praticamente nessun rifugio ad animali o altre piante. Biolgicamente sono come morti e per questo si suole chiamarli “deserti verdi”. Gli alberi si tagliano con macchine tagliatrici che strappano i rami e li accatastano per renderne efficace il trasporto. Questo tipo di pratica non rappresenta nemmeno una quantità significativa di posti di lavoro.

Che cosa significa il taglio della foresta per animali e piante?

La foresta tropicale è il rifugio del 40 – 60% di tutte le specie animali e vegetali del mondo. In totale, si stima che vi dimorano 30 milioni di specie, ovvero costituisce una riserva genetica incommensurabile. La perdita dell’habitat, quindi, significa l’estinzione per la maggioranza di queste specie. Secondo la lista rossa della IUCN, ci sono oltre 41.000 specie di piante e animali minacciati di estinzione, tra queste primati come i gorilla e gli oranghi, tigri, rinoceronti ed elefanti. Le stime scientifiche sono allarmanti e attestano che ogni giorno si estinguono tra le 50 e le 500 specie.

Contribuisco a proteggere il clima se prescindo dall’utilizzo di legno tropicale?

La distruzione delle foreste tropicali minaccia tutta l’umanità, poichè le foreste sono insostituibili nella loro funzione di stabilizzare il clima. Un 20% delle emissioni di gas dannosi per il clima e l’atmosfera si producono quando si tagliano le foreste. Le foreste e i loro suoli immagazzinano milioni di tonnellate di carbonio che si libera con la deforestazione. Molti paesi tropicali sono per questo tra i maggiori emissori di gas serra – l’Indonesia è al terzo posto, il Brasile al quarto. Le foreste conservano inoltre grandi quantitativi d’acqua; quando si tagliano, il ciclo dell’acqua si rompe. A livello regionale significa siccità e perdita di raccolto, a livello globale il clima soffre anch’esso dei cambiamenti – con buone probabilità delle catastrofi.

Che cosa posso fare per proteggere la foresta?

  • Compra mobili e prodotti di legno di specie locale. Tieni conto che i prodotti siano durevoli così che a distanza di anni possono essere nuovamente levigati, riparati e dipinti, verniciati o lucidati per essere utilizzati ancora. Non lasciare i mobili in giardino o nella terrazza per giorni sotto la pioggia. Ricoprili e se possibile riponili al riparo, soprattutto d’inverno.
  • Riduci il consumo di carta e imballaggi e utilizza materiale riciclato ( fogli per la scrittura, carta igienica e da cucina).