Coltivazione di coca e produzione di cocaina: deforestazione, inquinamento e minacce alla vita dei nativi

Aerei che spruzzano glifosato su un campo di soia Aerei che spruzzano glifosato su un campo di soia (© istock.com)

8 apr 2022

Nel continente Latino-americano la coltivazione di coca e la produzione di cocaina - ed il traffico che ne deriva - contribuiscono a causare deforestazione, danni alla biodiversità, avvelenamento delle sorgenti sotterranee, pregiudicando la vita delle popolazioni indigene. Il fenomeno non è monitorato a sufficienza e gli studi sono ancora scarsi.

In America Latina, le monocolture industrialipalma da olio  e soia in particolare – causano devastazione del suolo, deforestazione, scomparsa della biodiversità, contaminazione dei fiumi e delle falde acquifere, saccheggio del patrimonio naturale. Soprattutto per l’uso di pesticidi altamente velenosi che vengono spruzzati con aerei che volano a bassa quota.

Nel continente Latino-americano, però, anche la coltivazione di coca e la produzione di cocaina - ed il traffico che ne deriva - contribuisce altamente a causare deforestazione e danni alla biodiversità, soprattutto nei paesi produttori: Colombia, Perù e Bolivia. In particolare dall’ l’inizio della così detta “guerra alla droga” è iniziata la pratica di irrorazione aerea di veleni per distruggere le coltivazioni di coca, incoraggiata e finanziata dagli Stati Uniti. La pratica, è iniziata in Colombia nel 1994, ed è stata vietata nel 2015 a causa del documento ruolo dei veleni (come il l’erbicida glifosato) usati nell’insorgere di patologie tumorali. Purtroppo, l'attuale governo il presidente Iván Duque sta spingendo per reintrodurre l'irrorazione per affrontare il problema del narcotraffico.

Ma la produzione di coca e cocaina minacciano anche il ricco patrimonio forestale e di biodiversità della Colombia, il maggior produttore, una delle nazioni più "megadiverse" del mondo, che ospita quasi il 10% della biodiversità della Terra. Nel 2020, sono state prodotte 1.228 tonnellate di cocaina in Colombia, mentre erano 143.000 gli ettari coperti da  piantagioni illegali di coca (un leggero calo rispetto ai 154.000 ettari del 2019) secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC). Nonostante una minore coltivazione di coca, è stato prodotto l'8% in più di cocaina, per un totale di circa 1.228 tonnellate. Si pensa che dietro questo aumento ci sia una gestione più efficiente delle coltivazioni, insieme a mega laboratori che consentono di distribuire grandi quantità di pasta di coca e cocaina.

Secondo uno studio presentato dalla Fondazione InSight Crime sulla deforestazione nel 2020 quasi 13.000 ettari di foreste della Colombia sono stati abbattuti per fare spazio alla coltivazione della coca. Quest’area corrisponde al 7,54% dei 171.685 ettari totali di perdita di alberi da tutte le attività svolte nel paese, compresi gli allevamenti di bestiame e l'espansione agricola. Lo stesso studio ha dimostrato che un ulteriore 22,4% della deforestazione (38.449 ettari) si è verificata entro un chilometro dalle piantagioni di coca per implementare piste di atterraggio clandestine, e ad attività tangenzialmente correlate alla produzione di coca per l’avanzamento della frontiera agricola.

Inoltre, la produzione di coca e cocaina - lavorata nei laboratori clandestini - hanno anche effetti distruttivi in porzioni di foresta e nei terreni abitati e coltivati delle popolazioni native locali. In Colombia, quasi il 50% della coca viene coltivata in territori a gestione speciale, come i territori collettivi dove vivono popolazioni indigene, comunità tradizionali afro-caraibiche, parchi nazionali e riserve ambientali. I paesi di transito non sono indenni da impatti nocivi e minacce. In America Centrale e in Messico – soprattutto al confine con il Guatemala - le rotte di trasporto del narcotraffico vengono usate anche per altre attività criminali come il traffico di fauna selvatica, di persone di armi.

I laboratori clandestini - che spesso si trovano all’interno delle foreste tropicali per la produzione di pasta di coca e cocaina – fanno uso di sostanze chimiche come toluene, acido solforico, acetone e benzina con impatti altamente inquinanti e pericolosi per l’ambiente. Basti pensare che ci vogliono 284 litri di benzina per fare 1 chilo di cocaina e chela benzina scaricata anche in modeste quantità può contaminare migliaia di sorgenti di acqua dolce sotterranee. Nelle procedure di trasformazione della cocaina vengono usati anche insetticidi o fungicidi, fertilizzanti chimici ed erbicidiche contribuiscono ad avvelenare i corsi d’acqua del bacino amazzonico ma il potenziale impatto tossico della produzione resta poco compreso o monitorato.

Gli impatti nocivi sull’ambiente riguardano anche anche l’Europa, però. Per esempio, l'impatto dell'inquinamento delle acque dei fiumi contaminate con le urine contenenti residui di cocaina e farmaci di vario tipo, sulle anguille e altre specie acquatiche. Questi impatti sono stati documentati, ma la maggior parte sono ancora poco conosciuti e molti non sono stati studiati. Purtroppo.

  

Fonte: Mongabay All coked up: The global environmental impacts of cocaine 4 aprile, 2022